Gli Alabardieri di Monza sono un corpo speciale che non tutti in città conoscono.
I monzesi sanno che il tesoro più grande della città, per il suo valore storico e simbolico, è la Corona Ferrea, reliquia del Sacro Chiodo e diadema che insigniva del potere di regnanti sull’Italia.
Secondo tradizione, sarebbe stato Papa Gregorio Magno a donare la reliquia alla Regina Teodolinda, destinandola alla chiesa da lei fondata a Modoetia nell’anno 595…e dando seguito a questo racconto, si era portati a credere che anche il corpo di guardia che difende il Tesoro risalisse alla stessa epoca. E invece…
Stiamo naturalmente parlando degli Alabardieri, difensori della Corona e del Tesoro della basilica di San Giovanni, ancora oggi presenti alle cerimonie solenni e nelle occasioni liturgiche più importanti, prima tra tutte la processione del Sacro Chiodo che si svolge ogni terza domenica di Settembre. E’ un privilegio enorme per la Chiesa monzese poter contare su un corpo di guardia dedicato, poichè l’unico altro esempio ancora esistente è rappresentato dalle Guardie Svizzere del Pontefice.
La storia degli Alabardieri non risale all’epoca longobarda ma affonda comunque le radici in un tempo lontano.
La prima apparizione in città di questo corpo armato, dotato di uno strumento piuttosto inconsueto – l’alabarda – più conveniente alle parate che al combattimento, risale alla prima processione del Sacro Chiodo del settembre 1718.
Solo l’anno prima il Pontefice Clemente XI aveva finalmente ufficializzato il culto della Corona Ferrea come reliquia, dopo trent’anni di sospensione; per l’occasione fu organizzata una ostensione solenne del diadema e una processione attraverso le vie della città: dal Duomo la Corona, montata in verticale in una croce processionale affinchè fosse ben visibile l’anello interno, si sarebbe diretta verso il Ponte di Arena (oggi Ponte dei Leoni), quindi avrebbe proseguito verso l’antico ospedale di San Gerardo e ritornata nella contrada dell’Isola (piazza Garibaldi) avrebbe poi fatto tappa alla croce del Carrobbio (piazza Grandi), presso la chiesa di San Michele (piazza San Paolo) e, prima di tornare alla Basilica, avrebbe sostato davanti al grande palazzo dei Durini, feudatari della città e mecenati del rinnovamento barocchetto del Duomo, che sorgeva al posto dell’attuale Palazzo Comunale.
Per garantire la sicurezza della Corona ed evitare tafferugli tra la folla, il governatore dello Stato di Milano inviò a Monza un manipolo scelto della sua guardia armata personale, che prestava servizio presso la sua residenza.
Si trattava appunto di Alabardieri, e la loro presenza colpì tanto l’arciprete di allora, da indurlo a chiedere al Governo la possibilità di avvalersi di un corpo militare permanente per la difesa della Corona Ferrea.
Il permesso fu accordato e in un momento compreso tra il 1718 e il 1738, la chiesa di San Giovanni ottenne il privilegio della presenza stabile di 12 Alabardieri, guidati da un Capitano (o Sargènt), in servizio in armi durante le celebrazioni liturgiche.
L’uniforme che ancora oggi indossano i difensori della Corona, fu definita da un decreto ufficiale firmato invece dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria dal duca Francesco di Modena-Este (allora capitano generale della Lombardia austriaca): in tessuto blu scuro con passamanerie dorate, accompagnata da una camicia bianca e nastro di velluto nero al collo, calze celesti, scarpe nere con fibbia in argento, cinturone con fibbia color oro rappresentante la Corona e fodero per la spada, oltre all’immancabile alabarda. Il copricapo è una feluca di epoca napoleonica, in sostituzione del tricorno austriaco; quella del Sargènt ha una piuma bianca, le altre una piuma rossa.
Il secolo d’oro degli Alabardieri fu senza dubbio l’800: era un lavoro con paga sicura, di prestigio, anche se faticoso per le lunghe ore trascorse in piedi e al freddo nei pressi dell’altare maggiore del Duomo o accanto alla Corona…per questo spesso i soldati cercavano conforto e calore nell’acquavite!
Molto spesso gli Alabardieri diventarono “modelli” per i maggiori artisti dell’epoca; tra tutti ricordiamo i dipinti di genere e i ritratti di Mosè Bianchi, Pompeo Mariani e Paolo Borsa, nonchè i primi esperimenti fotografici di Gerardo Bianchi, che immortalava questi personaggi cercando di cogliere gli aspetti più quotidiani e intimi del loro servizio.
Per essere arruolati nel corpo di guardia, i candidati dovevano rispondere a determinati requisiti, alcuni tuttora in vigore: altezza non inferiore a 170 Cm, sesso maschile, nati in Lombardia e uomini di comprovata fede Cattolica.
Dai documenti di archivio, si deduce che fino agli anni ’50 del secolo scorso, la presenza degli Alabardieri fosse più costante e incisiva in Duomo: montavano la guardia all’altare maggiore per intere giornate, presenziavano a tutte le messe, e il loro servizio non era limitato esclusivamente alle celebrazioni solenni come accade oggi.
Dopo un periodo di sospensione dell’attività, dovuta alla mancanza di candidati, dal Natale 1982 gli Alabardieri sono tornati a compiere il loro servizio, mantenendo viva una storica tradizione che rende unica la città di Monza nel mondo.
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